Prodotti locali18 maggio 2023

La storia della secolare tradizione gastronomica di Transilvania

Se il ceto alto aveva alla sua disposizione una cucina sfiziosa, il popolo viveva una vita in cui le regole gastronomiche seguivano dei canoni rigorosi imposti dalla chiesa e dalla successione delle stagioni.

Gulasch della Transilvania

Gulasch della Transilvania

Se il ceto alto aveva alla sua disposizione una cucina sfiziosa, il popolo viveva una vita in cui le regole gastronomiche seguivano dei canoni rigorosi imposti dalla chiesa e dalla successione delle stagioni.

L’alimentazione tradizionale conteneva gli alimenti basilari, gli alimenti principali, gli alimenti di stagione e quelli occasionali. Gli alimenti di base erano il grano ed il grano turco. Il pane era l’alimento di base nelle zone ricche in cereali, mentre la polenta si consumava là dove la terra non permetteva la cultura di grano, o per motivi di convenienza il grano era sostituito dal grano turco.

Gli alimenti principali, eccetto i giorni e i periodi astinenza culinaria imposta dalla chiesa, erano la carne ed i grassi animali, il latte ed i latticini, con l’aggiunta delle verdure, le spezie e la frutta. Il consumo di carne era organizzato al livello di ogni famiglia tramite il sacrificio tradizionale di un animale, secondo la stagione e le feste principali: il maiale per l’inverno, l’agnello per la primavera, il pollame per l’estate e degli ovini per l’autunno.

  

I maiali fornivano i principali prodotti di carne e di grasso utilizzate per la preparazione degli alimenti durante l’anno. Una parte della carne di maiale veniva conservata tramite il metodo della salamoia o affumicata, mentre i pezzi più piccoli erano macinati e si utilizzavano alla preparazione di cârnaţi, ovvero le salsicce. Dal fegato si preparava il caltaboş, dalla testa e dalle zampe si preparava caşul de porc o toba, ovvero la sopressata, dal sangue si preparava il sângerete, ovvero il sanguinaccio.

Per quanto riguarda il lardo con una parte afumicata ed una parte tenuta in salamoia, era un alimento di base che doveva bastare fino al prossimo inverno. Il lardo si mangiava con la cipolla, con l’aglio, con cetrioli crudi o sotto aceto; se era troppo grassa era fritta ed su una fetta di pane ci si metteva della cipolla tritata sulla quale si metteva il grasso sciolto. Il lardo si utilizzava come base per la preparazione dei minestroni ed altri piatti.

      

Nei paesini sassoni, soprattutto quelli del dentro e del sud di Transilvania, il lardo era conservato in una torre apposta all’interno delle fortezze o delle chiese, conosciute sotto il nome di turnul slăninii, ovvero la torre del lardo, come sono quelle di Gîrbova o di Dumitra. Per la loro struttura, queste torri non erano solo delle vere camere frigorifiche, dove il lardo rimaneva fresco fino all’inverno prossimo, ma erano anche dei posti sicuri in un tempo in cui le invasioni erano dei pericoli imminenti.

Visto il grande valore del lardo, la torre aveva un custode che una volta o due alla settimana, ad un suono di campana, apriva la torre e invitava a tutti coloro che avevano bisogno di lardo di venire a prendere dalle proprie provvigioni. Oltre la torre del lardo, gli alimenti erano depositati anche all’interno delle chiese, in una stanza fredda, che funzionava come deposito di alimenti ma anche come riparo in caso di attacchi o guerre.

La primavera si tagliavano gli agnelli per Pasqua e durante l’estate veniva tagliato il pollame per la famosa supă de pui cu tăiţei, ovvero il brodo di gallina con capelli d’angelo, o con delle nuvolette di semolino, mentre dalla carne si preparava il famoso papricaş, condimentato con poco paprika nei paesini romeni e quelli sassoni e con tanto paprika nei paesini ungheresi e quelli dei secui, magari con più salsa, allungata con la panna da cucina in modo da inzuppare il pane o la polenta.

Oltre le solite zuppe, che erano chiamate zamă, c’erano anche i piatti chiamati păzitură, cioè un tipo di mangiare che lo devi mescolare in continuazione in modo che non si bruci o non si attacchi alla pentola.

                   

In autunno si tagliavano gli agnelli, le pecore sterili, dei montoni. Si univano tre quattro famiglie e tagliavano a turni le bestie, dividendo la carne, utilizzata alla preparazione dei piatti un po’ più speziati in modo da coprire il sapore del sego. In certi posti, la carne si bolliva affinché si staccasse dalle ossa e poi la mettevano in dei recipienti di legno insieme al brodo gelatinoso e si lasciava raffreddare. Si consumava freddo, soprattutto nei giorni freddolosi d’autunno.

I menu festivi comprendevano dei dolci come colaci, plăcinte, pancove, uscături e per non dimenticare il Kürtőskalács, il dolce per eccellenza della zona.  

Bibiografia:

Valer Butură, Străvechi mărturii de civilizaţie românească, Ed. Ştiinţifică şi Enciclopedică, Bucureşti, 1989.

Link utili:

www.univsp.ro/institut3.htm adevarul.ro/locale/cluj-napoca/foto-profesor-oxford-despre-bucataria-transilvana-aveti-produse-mai-bune-decat-restul-europei-1_50ae7da57c42d5a6639d33d3/index.html ;

revistabulevard.ro/2013/09/despre-transilvania-fest-cu-drag/

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